lunedì 21 novembre 2016

Tommaso Romano, "Elogio della Distinzione" (Ed. Thule)

LA DISTINZIONE COME NOBILTÀ NEI CAVALIERI DELLO SPIRITO
di Giuseppe Bagnasco


  Dopo l’Elogio dell’ozio di Bertrand Russel e il più vetusto Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam, tra i più rinomati e che si “distinguono” dai tanti, per gli argomenti similari trattati nel campo della disquisizione antroposociologica, ecco l’arrivo sul tavolo delle nostre “distrazioni”, quasi a completamento di una sorta di Trilogia, L’Elogio della Distinzione (Fondazione Thule Cultura – Palermo 2016) del filosofo Tommaso Romano. Non è un trattato ma un “manifesto”, una riflessione non confessionale, sullo stato e condizione contingente e spirituale a cui è pervenuta la società contemporanea del mondo che per semplificazione chiamiamo “occidentale”. Un manifesto, dicevamo, che si può leggere alla stregua di un manuale di regole educative, senza per questo assumere i connotati di una filippica sebbene a tratti appaia come significativa e volitiva “omelia”. Né poteva essere diversamente per l’argomento affrontato e che spazia per tutto l’arco della devianza nei comportamenti “tradizionali” dell’uomo odierno.

   Per potere scrutare a primo acchito il poderoso testo e carpirne le parti più salienti, visto che è composto da ben tre “corpi” relativi ad un saggio dell’Autore, un saggio dell’illustre Amadeo-Martin Rey y Cabieses e un ricco e unico Florilegio di Autori, ci viene in soccorso il sottotitolo: Aristocrazia, Cavalleria, Nobiltà, Stile in tempo di barbarie. Non c’è alcun dubbio nell’affermare che si tratti di una esplorazione storica e sociologica su ciò che questi “titoli” hanno rappresentato e che l’Autore  sottolinea con l’intercalare il testo di disegni riferiti a momenti d’azione della Cavalleria  d’un tempo con schiere cristiane affrontanti le saracene e la raffigurazione nell’antifrontespizio della sagoma idealizzata del Krak (fortezza crociata in Siria) dei Cavalieri Ospitalieri di Gerusalemme divenuti poi di Rodi, infine di Malta e oggi rappresentati dallo SMOM.
   Tommaso Romano, non nuovo nell’esposizione di “tesi teologali” sullo spirito, da buon cristiano di fede qual è, mette al servizio del dettato di Dio, la vestitura armata del distinto “Cavaliere dello Spirito”. E lo fa discettando sui temi sopraindicati, a cominciare dal concetto di Aristocrazia, distinguendo quella di spada da quella dello spirito.  L’aristocratico, nel composto della semantica greca di aristòs (eccellenza) e cratòs (potere di governo), delinea una persona che si governa da sé e per espansione, colui che si isola dalla folla. E per folla, come afferma l’Autore, s’intende quanti sono accomunati nella volgarità, rozzezza, dozzinalità e violenza del comportamento nelle parole come negli atti, fino ai modi. Tuttavia, sempre nel proseguo della ratio in Romano, l’isolarsi dalla realtà, l’eccessivo autocontrollo, compresa la mancanza di ironia, non consentono l’educazione alla nobiltà che, di contro, si consegue nella capacità del saper scegliere il confacente rapporto con il prossimo. L’aristocratico è pertanto la persona distinta, custode di quei valori che dovrebbero armare  i suddetti Cavalieri per conquistare “nelle steppe del nulla, la Gerusalemme Celeste. Il tutto”. Oggi che il “progressismo”, l’innaturale livellamento sessuale, l’omologazione alla massificazione, portano ai conseguenti disvalori, fra tutto questo declinare un posto privilegiato è riservato ad una virtù d’eccellenza: l’Onore.
   Ora, a prescindere dalle valutazioni sottolineate dallo storico Franco Cardini che lo conforma a dignità personale, reputazione e onorabilità  comportanti il diritto della persona al rispetto e alla stima, bisognerebbe qui aprire uno spaccato su questa virtù che, a parere non solo nostro, incardina tutte le qualità del “buon uomo”, del buon cristiano ma che non si riflette nel diverso homo bonus del poeta Marziale. Incominciamo, purtroppo, col dire che le culture della menzogna, dell’ipocrisia, hanno inferto una profonda e dolorosa ferita nel comportamento deontologico degli uomini e in particolare nel malinteso senso dell’onore soprattutto se riferito alla latina sacralità della parola data, pacta servanda sunt, come comprova, per mantenerla, il  sacrificio del console Marco Attilio Regolo. Pensiamo ad esempio a quanti giustificano un loro scomposto agire con un’alzata di spalle o con quel “Je m’en fous”, di recente pronunciato dal Presidente della Commissione Europea Juncker e che fa comprendere quale ingloriosa fine abbia fatto quel certo bon ton!. Ma la trasgressione del senso dell’onore ha antica data giacchè la ritroviamo, spulciando la mitologia greca o passi della Bibbia, nei racconti del “padre” Zeus che ricorreva al travestimento e finanche alla sostituzione di persona per sedurre con l’inganno le belle mortali o come nella vergognosa e subdola condotta di Re David quando mandò in guerra, in prima linea e quindi alla morte Uria, lo sposo della bella Betsabea che aveva sedotto e che comunque poi da vedova sposò. E ancora, non possiamo elencarli tutti, nel tradimento fatto da un certo Horatio Nelson nei confronti dell’Ammiraglio Caracciolo (la resa in cambio della vita) e che invece fece impiccare sulla murata della sua Victory contravvenendo come un volgare pirata alla parola data. Infine, ricorrendo alla Storia, ancora sull’onore tradito, quando Enrico IV di Francia pur di mantenere salda la sua corona abiurò alla sua fede protestante e abbracciò quella cattolica con un probabile e analogo “Je m’en fous” nel famoso “Parigi val bene una messa!”. Ma i dettati del codice d’onore hanno sempre governato, lungo il corso dei tempi, gli uomini giusti e probi e ciò sin dai codici cavallereschi del Medioevo giungendo per alcuni tratti, perfino a quelli non scritti dell’onorata società, uniformemente intesa in tutto il nostro Meridione e giunta, con l’emigrazione “imposta” dopo la sua piemontesizzazione, fino alla “frontiera” dell’Ovest americano. Erano codici che tutelavano l’onestà della donna, intoccabilità dei bambini, la parola data, con in aggiunta il divieto di sparare alle spalle o ad un uomo disarmato. Norme non scritte nella vita che, fino all’abolizione formale del feudalesimo, si conduceva nei feudi e che era regolata da un castaldo, un soprastante, un fattore che amministravano la giustizia “parallela” essendo i feudi luoghi spesso “inaccessibili” anche alle compagnie rurali dei governi del tempo. Nacque lì la vecchia “onorata società” da non confondere con la successiva malavita organizzata o coi “picciotti” di La Masa che furono, ma ancor prima in letteratura nei manzoniani “bravi” di Don Rodrigo o nei severi “tribunali” della setta panormita dei Beati Paoli di natoliana memoria, il loro capostipite. Era quest’ultima una “Confraternita” segreta, come afferma il Villabianca, di uomini valenti che perseguivano i valori della difesa dei deboli e della giustizia pur rimanendo nelle loro feroci sentenze ferventi religiosi e credenti in Dio e al Santo di Paola, a cui si richiamavano. A uomini di tal fatta, a questi “uomini d’onore”, si deve l’appellativo di “cristiano”. Ma torniamo all’Elogio della Distinzione e al tema della Ecosofia affrontato dal filosofo Romano nel riconsiderare il senso della abitazione in cui si vive.
   Al pari di Francesco Alberoni che nel novero della scienza della comunicazione include quella che avviene attraverso il vestire certi abiti dando a questi la facoltà di dare un messaggio su chi li indossa, così il Nostro attribuisce lo stesso significato all’arredamento e al gusto di disporlo in un certo modo nella dimora di una persona dalle qualità “aristocratiche”. E questo come proiezione della propria identità dedicando tra gli arredi anche uno spazio ai ritratti dei propri antenati a guisa dei Lari e dei Penati dei Latini. Completano, conclude Romano, la bellezza della dimora, non necessariamente un palazzo, il poter accudire l’eventuale giardino di casa o il curare il collezionismo al pari di un personale museo, considerando entrambi come manifestazioni secondarie del gusto del dimorante. Con questo fare si può contrastare, aggiunge l’Autore, il completamento dell’ecatombe che incalza e principalmente col formare, con persone che in ciò si riconoscono, una sorta di patriziato civico di pochi ma decisi “Cavalieri”. Titolo di nobiltà, ammonisce il Nostro, che non deve essere acquisito tramite sedicenti Istituti che l’elargiscono dietro compenso essendo insita la possibilità di poter incorrere così, in quel “Todos Caballeros” che l‘imperatore Carlo V concesse a certi postulanti sardi che lo reclamavano. Frase che oggi viene usata in tono dispregiativo annullando di fatto la distinzione o il prestigio dei pochi che lo meritano.
   Fatto salvo questo primo “tomo” che forma il “corpus iuris” principale dell’Elogio della Distinzione, essa incorpora altresì una poderosa antologia, un Florilegio di Autori che espongono le loro frasi, trattazioni, aforismi nel reticolo degli argomenti qui esposti, con particolare riguardo al significato di Aristocrazia. Pur tuttavia di questi Eccellenti non ci è possibile citare tutti i nomi dal momento che in dettaglio l’elenco supera le cento pagine. Fa da cornice a tanto disquisire, un prezioso saggio del nobile spagnolo Don Amadeo-Martin Rey y Cabieses, storico e critico nell’ambito araldico-cavalleresco della Classe aristocratica e della Tradizione iberica, che ne approfondisce lo studio, con un particolare riguardo a quello genealogico italiano. Il saggio dell’Illustre, Componente dell’Audizione Generale e Consigliere della Real Deputazione del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio nonché Membro Corrispondente del Collegio Araldico di Roma, risulta diviso in Nobleza, Aristocracia e Caballeria, speculari in qualche modo al sottotitolo dell’Elogio della Distinzione. Nella reflexion final l’Illustre raccomanda il rispetto della palabra dada, la bondad y la generosidad e la valentia y la humildada de corazòn perché solo la loro actuaciòn es la mejor aristocracia , cioè quella del poder de la bondad. 
   Alla termine di queste note, una riflessione, anche se non esaustiva, di quanto ci resta, speriamo in seguito non in briciole di memoria, della meritoria opera del “mosaicosmico” Magister. Senza scadere nella facile apologia di maniera, si resta “impressionati” da questo album di fotografie-commentario che, senza tema di supponenza, potremmo definire “De humanitate destructa”, giusto per parafrasare i commentari cesariani, nonchè coinvolti dall’afflato che traspare dalla malcelata angoscia con cui l’Autore esamina l’uomo sedotto e concupito dalla Tecnolatria dalla quale non si può distaccare senza il paventato pericolo di non apparire “politically correct”. Il richiamo risulta un accorato appello a quanti si avviano ciecamente verso l’abisso dell’anima trascinando con sé duemila anni di cammino e di acquisizione di una civiltà della quale restano testimoni ineguagliabili città uniche come Atene, Roma, Alessandria, Gerusalemme, Venezia, Pietroburgo. Un richiamo quindi per impedire a costoro di non finire aggrappati, in un rigurgito di ravvedimento, a quella “Zattera della Medusa” che tanto bene rappresenta la deriva di uomini disperati, il dipinto di Theodore Gèricault. A ben vedere, l’Elogio della Distinzione costituisce una sorta di testamento spirituale del Cavaliere dello Spirito Tommaso Romano, appartenente purtroppo all’esausto filone di un certo nuovo romanticismo, non letterario ma spirituale nel senso che si richiama al Passato vestendo la parola di “Redentore” di una certa cultura. Un testamento spirituale, dicevamo, che si coglie in questo Discepolo della Cultura che quale Pellegrino del Cosmo chiude questo pregevole lavoro, con fare quasi colloquiale, con un congedo, certamente non occasionale. Egli infatti inserisce al confine dei “tomi” trattati, un testo dal significativo titolo “Congedo al cafè de Maistre”. E volutamente, prendendone a prestito il nome, sceglie per siffatto “eremo senza terra”, l’immaginario ricovero in un Caffè, posto di fronte il mare nel Foro Borbonico (oggi Italico), dove in una atmosfera pregnante di “art nouveau”, si ritrova a scrivere, tra un caffè e il centellinare di un Porto, avvolto nell’aria da una coinvolgente musica mozartiana, una lettera, quasi una immaginaria “epistola apostolica” rivolta ad una civiltà al tramonto. In questa, da buon Anacoreta occulto, chiama alla resistenza con quel pudore, riserbo, dignità,  sensi comuni ai pochi frequentatori di quel Caffè, anche se ritiene che tutto è perduto, riprendendo in ciò la frase di Francesco Primo di Francia nell’infausto giorno di Pavia, nel messaggio alla propria madre, “Tutto è perduto fuorchè l’onore”. Ed è nel nome di queste virtù e dell’onore che il Romano, come in un battesimo liturgico, rinuncia al satana della egemonia tecnologica e alla dittatura del pensiero unico nello stesso modo in cui rinuncia agli applausi dei falsi adulatori, esprimendo come unica aspirazione quella di essere lasciato in pace dentro un immaginario Chiostro. E’ nel contesto di queste note che il Filosofo appare nelle vesti più dimesse dell’ordinario umano, svelando una sorta di stanchezza per l’impari lotta contro questo mondo destinato al declino, riponendo però l’ultima speranza nel salvataggio ad opera della divina Provvidenza. Si chiude così questa antologia, questo breviario-manuale di concetti, richiami, esortazioni che, iniziati con la Distinzione, anima della nobiltà del cuore e dello spirito, giungono al termine di questo excursus, alla malinconia nel corpo senza tuttavia coinvolgerne l’anima.

sabato 24 settembre 2016

Mario Attilio Levi: Memoria di un grande Storico e di un uomo coerente

 Scorrendo la copiosissima bibliografia di Mario Attilio Levi (Torino, 12 Giugno 1902 –Milano, 28 Gennaio 1998) non si può non registrare il colpevole oblio che circonda questa straordinaria figura di studioso, di storico e di uomo. Malgrado le ascendenze ebraiche chiare della propria stirpe, protagonista della Guerra di Liberazione e della presa di Imola, medaglia d’argento al Valor Militare, professore emerito e direttore dell’Istituto di Storia Antica dell’Università di  Milano e stimato professore di molte Università straniere (Cornell, Berkeley, Haverford, Puerto Rico) e fra i massimi storici dell’antichità, presidente di centri scientifici di alto livello, accademico dei Lincei, Mario Attilio Levi portò impresso il sigillo dell’uomo libero e coerente,  apertamente  a favore  dell’istituto monarchico, della sua storia e della tradizione nazionale e imperiale, di contro alle egemonie culturali straripanti ieri e oggi in Italia.
Non è neppure ricordato come dovrebbe dall’ambiente umano e socio-politico che pure lo ebbe fra i protagonisti, assai stimato a cominciare, fra gli altri, da S.M. Umberto II, che lo volle vicino nei raduni legittimisti accanto a Sergio Boschiero (come a Beaulieu sur Mer il 4 Giugno 1978), nella Consulta dei Senatori del Regno (nominato il 20 Gennaio 1973) e nell’Unione Monarchica Italiana quale vicepresidente nazionale e insignito dallo stesso Sovrano esule a Cascais, con le massime onorificenze tra cui l’Ordine Civile di Savoia per merito culturale. Destino che ha segnato, peraltro, le “fortune” di altri storici di quella parte e temperie, basti ricordare Gioacchino Volpe, Francesco Cognasso, Niccolò Rodolico, Rodolfo de Mattei, Giovanni Artieri ed ora, fra i pochi storici veramente illustri operanti, Aldo Alessandro Mola.

Oltre cento i suoi volumi editi, a partire dal 1923 con una monografia su Silla e fino alla sua morte, instancabile, produsse centinaia di saggi e articoli sparsi, studi che meritano una bibliografia ulteriore, oltre gli articoli scientifici – pochi – che gli sono stati dedicati.Titolare della cattedra di Storia Romana, poi di Storia Greca all’Università di Torino, Levi dal 1936 fu Professore Ordinario di Storia Antica nell’Università degli Studi di Milano. Fu fondatore e Presidente del Centro Studi e Documentazione sull’Italia Romana, del Centro Ricerche e Documentazione nell’Antichità Classica e del Comitato Internazionale per lo Studio delle Città Antiche (Strasburgo). Fu pure archeologo, partecipò alla seconda guerra mondiale quale Ufficiale negli Alpini e, come ricordato, venne insignito della medaglia d’argento al V.M. per le azioni di resistenza alle forze di occupazione tedesche a Porta S. Paolo a Roma nel settembre 1943, successivamente fu inquadrato nell’Esercito Italiano nel Gruppo di Combattimento “Friuli” e fu tra i liberatori di Imola. A causa delle persecuzioni antisemite usò per alcune sue opere lo pseudonimo di Manlio Canavesi.
È ovviamente impossibile in questa sede ricordare tutti i libri di Mario Attilio Levi, le sue specifiche ricerche, gli affreschi geniali (come quello dedicato ad Alessandro Magno, Rusconi, 1977).
Scrisse i manuali scolastici, con l’idea di permanente attualità e di perenne insegnamento della storia, aperta, praticata senza ideologismi, alla continua ricerca delle fonti veritative, se pure Levi ebbe una sua concezione ben precisa della storia e dell’uomo. Infatti, i suoi libri sono sempre intrisi di cristallina chiarezza e di serena autonomia che, appunto, ce lo consegnano come autentico Maestro.
Fra gli innumerevoli temi trattati da Mario Attilio Levi fra i sui suoi testi vanno almeno ricordati: La Costituzione romana dai Gracchi a Giulio Cesare (1928); Ottaviano Capoparte (2 voll., 1973). Il tempo di Augusto (1951); Nerone e il suo tempo (1953); La lotta politica nel mondo antico (1955, Premio Marzotto 1956); Italia antica (1968 e 1974); Storia dell’Impero Romano (1963 e 1967); altri volumi su Storia e costumi in Grecia antica e in Roma antica (1963); quattro volumi della Storia universale dei popoli e della civiltà (1968) e ancora studi su Plutarco, Aristotele, Pericle.
Conobbi il Prof. Levi ai Convegni  romani della  Fondazione Giacchino Volpe, nella prima metà degli anni Settanta e fino alla loro conclusione negli anni Ottanta, magnificamente organizzati dal figlio dello storico, l’ingegnere Giovanni che diede vita per tre decenni ad una delle più belle e libere pagine dell’editoria nazionale fondando le Edizioni Volpe. Levi vi partecipò assiduamente, collaborando alle riviste della casa editrice “La Torre” e “Intervento”, e con relazioni e studi presenti negli Atti  di più Convegni internazionali, a cui ricordo parteciparono straordinari intellettuali fra i quali  Gustave Thibon, Marcel de Corte, Thomas Molnar, Renzo De Felice, Fausto Gianfranceschi, Francesco Grisi, ecc.
Il rapporto si fece via, via, più amichevole per i convergenti sentimenti e ideali e si rafforzarono grazie alla sua venuta a Palermo, su invito dell’amico Franco Sausa, presidente  del Centro Nazionale Studi Monarchici e dell’UMI della capitale dell’Isola che, nella bella sede di via Parisi, ne ospitò una conferenza sull’attualità della monarchia, consegnandogli il prestigioso Premio Savoia, per le sue opere di valente storico.
Era il 12 maggio 1978, offrii all’illustre Ospite di aderire all’Empire quale Consigliere Onorario e, dopo la sua cordiale accettazione mi spinsi a chiedergli di scrivere un testo sul suo pensiero politico. Cosa che  mi promise, ma senza impegno immediato. Con grande stupore pochi giorni dopo il suo rientro a Milano, mi vidi recapitare, via posta, un manoscritto  con la sua inconfondibile grafia, scritto di getto in un ritaglio di una delle notti trascorse a Palermo.
Grazie alla  solerzia di Enza  Zago e Pasquale Lo Monaco della  Cartografica, potei adempiere al dono ricevuto con la  pubblicazione di un elegante libretto dal significativo titolo Tradizione e controcultura”. L’ora dei tradizionalisti   e dei Monarchici, edito dalle edizioni Thule nello stesso mese di  maggio del 1978. Una lucida disamina delle sue opinioni, una inflessibile difesa della vera cultura  insieme al riconoscimento del merito, ad una speranza di rinascenza, come si può leggere di seguito nel testo che ripropongo.
Oltre alla mia casa editrice Thule, in quel tempo organizzavo  la vita del giovane tradizionalismo italiano che  aveva preso nuovo slancio con i convegni fiorentini del 1972-73 che avevo co-organizzato, e con la nascita della sezione italiana dell’Associazione Internazionale dei   Giusnaturalisti Cattolici “Filippo II”,  sotto la guida del filosofo del Diritto, lo spagnolo Don Francisco Elías de Tejada (ricordo fra i promotori, oltre chi scrive, Piero Vassallo, Pino Tosca, Silvio Vitale, Paolo Caucci, Gianni Allegra), con i fondanti Convegni di Genova  su S. Tommaso (1974), su Vico (Bari, 1975), sui Movimenti popolari antigiacobini  (da me organizzato dal 3 a 5 dicembre 1976, al Don Orione di Palermo) e sul Risorgimento (Roma, presso la sede di Civiltà Cristiana, nel dicembre 1977).
Ferveva la vita inoltre dei Clubs Empire (una proposta classica e tradizionale di associazionismo e convivialità) fondati da pochi anni e già presenti allora in varie città (Pescara, Roma e Palermo fra le prime) e stati esteri e il cui primo Presidente Onorario era stato lo scrittore Salvator Gotta. Fu proprio la figura di Gotta, la cui scomparsa avvenne nel 1980, a propiziare la richiesta (1978) del Comitato Esecutivo Internazionale rivolta a Mario Attilio Levi  di accettare la Presidenza  Internazionale  dell’Empire. Levi rispose, accettando “il grande onore” con “riconoscenza”, il 27 giugno dello stesso anno, dando subito un forte impulso culturale al Sodalizio grazie al prestigio e ai contatti che Egli vantava in campo scientifico in tutto il mondo (specie USA) e nell’ambito  culturale – politico in Italia e in particolare a Milano, dove risiedeva.
Intanto già dal 1976, sull’esempio ben più alto dei Convegni Volpe, avevo organizzato a Palermo, con crescente successo e interesse, non solo di “nicchia”, i Convegni annuali di Thule. Fu proprio nel 1979 a conclusione del quarto incontro  sul tema “Una letteratura per la libertà” (relatori Franz Maria D’Asaro, Dino Grammatico, Michele Rallo, Gaetano Festa, Alberto Schiavo, Giovanni d’Espinosa  e Vincenzo Salmeri), che annunciai – d’accordo con Levi – per l’anno successivo l’annuale appuntamento con il titolo “Verità e menzogna nella ricerca storica”.  
La presenza nel 1980 di Levi a Palermo ebbe tre momenti diversificati, ma convergenti: il primo nella sede della casa editrice Thule in via Ammiraglio Gravina, per una riunione dei quadri siciliani dell’Empire il 23 maggio, con la successiva presentazione del nuovo e più impegnativo volume che avevo appena pubblicato di Mario Attilio Levi, intitolato Il Re Pastore,  in cui l’autore sostiene che “la Monarchia è una categoria permanente e quindi una costante della storia”, e cioè un “discorso continuato e coerente sull’istituto monarchico e sulla sua perenne presenza come categoria storica e come  soluzione ottimale della organizzazione politica della comunità umana”, come scriveva in una sua recensione su “Monarchia oggi”, organo dell’UMI (Novembre - Dicembre 1980), Pasquale Morabito.
Un libro assai argomentato e tuttavia di alta chiarezza e perfetta logica, che farà scrivere ancora al Morabito: “Per il Levi, il concetto fondamentale per una monarchia italiana, è quello del Re Pastore, cioè del Capo di Stato nei modi e nella forma che la realtà storica e popolare richiede. Un Re, tale perché educato a questa funzione e garante della continuità legittima e tradizionale, onorato e rispettato più che temuto, è il tipo del Capo di Stato che si addice  tanto all’Italia  come ai paesi più avanzati e  progrediti del mondo, l’Europa nordica tanto quanto la Spagna”.
La presenza a Palermo di Levi ebbe il suo momento festoso nella storica ricorrenza del 24 Maggio, con una conviviale al Grand Hotel delle Palme e  con una sua prolusione, di grande interesse e accolta con  sinceri consensi, dal titolo: “La storia come insegnamento di vita”. Era presidente del Club Empire di Palermo il compianto comm. Orazio Siino insieme con gli altri illustri Ospiti, relatori del Convegno del giorno successivo: S.E. Pietro Gerbore di Firenze, il greco prof. Costantino Vassillakis, il filosofo genovese prof. Piero Vassallo,  alla presenza di dirigenti  regionali, nazionali e internazionali e dell’Assistente del Club  Mons. Prof. Giuseppe Uzzo.
Il giorno successivo si svolse il progettato Convegno Nazionale, presieduto da Vassillakis, a cui Mario Attilio Levi contribuì con una lezione magistrale riassunta dallo stesso e che ora si pubblica per la prima volta.
Oltre agli Ospiti già citati, intervennero il dott. Giuseppe Fasola, il prof. Augusto dell’Erba, il Prof. Francesco Leoni (relazione letta dall’allora Segretario del Club, il comm. Giovanni Matta, scrittore e poi  Presidente dell’ Ottagono Letterario), il dott. Gaetano Arnò, il prof. Giuseppe Tricoli,  l’avv. Vincenzo Fragalà (martire  sfortunato e ricordo vivo) tutti soci o esponenti dell’Empire.
Lo stesso Levi vergò di pugno il documento finale  del Convegno, che avrebbe riscosso vasta risonanza sulla stampa nazionale e che si chiuse con un saluto e omaggio indirizzato al Re Umberto, per il tramite del Ministro Falcone Lucifero sollecitato da un telegramma, che firmai unitamente allo stesso Levi.
Nel triennio della Presidenza Levi e con suo forte impulso, l’Empire mise più solide basi in Italia e all’estero. A Roma, ad esempio, i vertici del Club videro, grazie a Levi, la presenza operosa di uomini quali S.E. Giovanni  Di Giura, dei professori Leo Magnino e Francesco Grisi, e dell’onorevole  Principe del S.R.I. Gianfranco Alliata di Montereale.
Lo storico torinese ideò inoltre una nuova  e più articolata rivista di studi e approfondimenti che  rispetto alla vigente avrebbe dovuto intitolarsi ARA PACIS. Un disegno ambizioso che non poté realizzarsi per ragioni economiche e per la morte del Re Umberto e che coincise quasi con la nuova Presidenza del Club, affidata al ch.mo Prof. On. le Salvatore Barberi che era stato deputato nel PNM e nella DC ed era anch’Egli membro della Consulta dei Senatori del Regno, Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoia e, per un breve periodo, anche Presidente Nazionale dell’U.M.I.
Buon torinese nella tempra e nello stile, studioso e ricercatore di rango, Levi ebbe un carattere aperto al confronto, gentile nel tratto e autorevole nella sostanza. Ebbi modo di incontrarlo ancora a Roma e Milano e nel 1981, ad Atene dove tenne una dotta lezione all’antico Parlamento  greco. L’ultima sua lettera mi fu spedita nel 1989. 
Levi è stato un maestro di storia e di libertà, che ha onorato le Edizioni Thule e l’Empire International Club che ancora testimoniano cultura, umanità e civiltà nella coerenza.
 

 
 


Relazione Levi

Il compito dello storico è reso straordinariamente  difficile dalla manipolazione delle fonti e anche dei documenti che è una conseguenza delle pressioni e delle interferenze provenienti dalla politica, sia da quella contemporanea agli eventi, sia da quella contemporanea al lavoro dello storico. La storiografia moderna ha imparato, da oltre un secolo, a lavorare criticamente sulle fonti, cioè a smascherare le menzogne, le  deformazioni tendenziose e  la propaganda: tuttavia rimane sempre il fatto che ogni opera di storia è intessuta di verità e di menzogna e  soprattutto di interpretazioni che sono ispirate dalle idee di qualcuno che si trova all’origine sulla informazione o in coincidenza con il lavoro dell’odierno storico.
Si potrebbero ricordare esempi illustri benché molto lontani.
Si ricordi per esempio uno degli uomini che dominano  il periodo del tramonto del Medio Evo italiano, Gian Galeazzo Visconti signore di Milano. Gian Galeazzo aveva l’ambizione e i mezzi per tentare di unificare l’Italia almeno fino ai confini dello stato  pontificio. Il suo principale avversario era Firenze, che allora aveva come segretario di stato lo storico Coluccio Salutati. La polemica fra gli scrittori al  servizio visconteo e il  fiorentino si incentrò sulla figura di Giulio Cesare esaltato come  eroe politico dai viscontei, spregiato come tiranno e oppressore dalla cultura fiorentina che esaltava i cesaricidi. In realtà tutta la storia di Cesare e dei suoi uccisori era falsificata dalle due parti, con deliberata alterazione o trascuranza delle informazioni che vengono dalle fonti, per esaltare da un lato il Visconti e i suoi piani, dall’altro per sostenere l’autonomia di  Firenze con una difesa di un tipo di libertà che nulla aveva  in comune con la libertas oligarchica ed aristocratica a  senso unico conclamata da Bruto, Cassio e dagli altri  congiurati delle Idi  di Marzo del 44 a.C.
Del resto, in tempi più vicini a noi, tutta la rivendicazione e resurrezione della cultura classica, greco-latina, dell’Umanesimo e della Rinascenza, non era che uno strumento  per scrollare la cultura cristiana e scolastica del Medioevo, per  contrapporre Platone, Cicerone, Seneca e i neoplatonici a Tommaso Aquinate  e, indirettamente, a quell’Aristotele  di cui la dottrina chiesastica si era  servita per sostenere le sue concezioni.
Esempi maiuscoli di falsificazioni storica non mancano  nel corso dei secoli. La battaglia d’Azis, esaltata dalla  cultura augustea come il trionfo di Ottaviano su Cleopatra e  Antonio alleati, in realtà non fu mai combattuta perché la regina d’Egitto, bloccata nel golfo Ambracico dalla flotta di Ottaviano, riuscì a  sfuggire con la isolata nave di Antonio, la cui flotta fu bruciata dal suo comandante. Esempi di  questo genere non mancano neppure ai giorni nostri, come le cronache di questo secolo  insegnano.
Il compito dello storico dovrebbe essere quello di separare il grano della verità dalla crusca della  menzogna, e questo accade: però con la riserva che, a sua volta, lo storico  introduce  il suo pensiero, cioè la sua interpretazione, in una continua e giustificata dialettica per la appropriazione al passato.


Il documento del 25 Maggio 1980

Il  V Convegno Internazionale delle Edizioni “Thule”, tenutosi a Palermo il 25 Maggio 1980, conclude i suoi lavori con il seguente ordine del giorno:
1)       Plaude all’opera della casa editrice “Thule” per la sua opera costante e costantemente in progresso in servizio delle  idee di tradizione e di continuità nella intera  storia del genere umano e per lo sforzo, coronato da successo, per mantenere gli Italiani nella linea e nelle caratteristiche della loro civiltà e dalla loro nazione;
2)      Afferma che gli uomini debbono conoscere il loro passato e la loro civiltà per poter conoscere se stessi nelle tradizioni e nel patrimonio delle loro millenarie esperienze;
3)      Riconosce che ogni distacco dalle proprie tradizioni significa, per un popolo, fatale e irrimediabile decadenza;
4)      Auspica la intensificazione della lotta di tutti nell’impegno per la riedificazione di tutta la civiltà occidentale, classica e cristiana, senza la quale non esiste civiltà in modo assoluto.


Opere
Di argomento greco
-          Timeo in Diodoro IV e V , Milano: Aegyptus, 1925
-          Un documento d'arbitrato fra Megalopoli e Turia, Torino: Bona, 1931
-          Studi su Timeo di Tauromenio: l'Alessandra, Milano: Vita e pensiero, 1932
-          Fra Oriente e Grecia, Napoli: Gaetano Macchiaroli editore, 1949
-          Studi su Alcibiade, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 1950
-          In merito a Tucidide , Napoli: Gaetano Macchiaroli editore, 1952
-          Corso di storia greca; a cura di Sergio Musitelli. Anno accademico 1952-53. (Università degli studi di Milano. Facoltà di Lettere e Filosofia), Milano: Ceum, Coop. Ed. Universitaria Milanese La Goliardica, 1953
-          Corso di storia greca: anno accademico 1953-54, Milano: Cooperativa editoriale Universitaria milanese, 1954
-          Plutarco e il V secolo , Milano; Varese: Istituto editoriale Cisalpino, 1955
-          Nuove postille semantiche isocratee. Nota, Milano: Ist. Lombardo di scienze e lettere, 1958
-          Isocrate: saggio critico, Milano; Varese: Istituto editoriale cisalpino, 1959
-          L'areopagitico di Isocrate e l'emendamento di Clitofonte, Milano; Varese: Tip. Nicola e C., 1959
-          I politeumata e la evoluzione della società ellenica nel IV secolo a.C., Napoli: Macchiaroli, 1963
-          La Grecia antica , Torino: Unione tipografico-editrice torinese, 1963
-          Quattro scritti di storia spartana e altri scritti di storia greca, Milano; Varese: Istituto editoriale cisalpino, 1967
-          Commento storico alla Respublica Atheniensium di Aristotele, Milano; Varese: Istituto editoriale cisalpino, 1968
-          L'Economico di Senofonte e l'Economico di Aristotele: Saggio di indagine contenutistica sul comportamento umano nella Grecia del IV secolo a.C., Milano: Cisalpino-Goliardica, 1972
-          L'idillio XVII di Teocrito e il governo dei primi Tolemei. Nota, Milano: Istituto lombardo di scienze e lettere, 1975
-          Studi tolemaici, Napoli: Macchiaroli, 1975
-          Alessandro Magno, Milano: Rusconi, 1977
-          Introduzione ad Alessandro Magno , Milano: Cisalpino-Goliardica, 1977
-          Il senso della storia greca, Milano: Rusconi, 1979
-          Pericle: Un uomo, un regime, una cultura, Milano: Rusconi, 1980
-          Nerone, Eracle, Ercole, Roma: L'Erma di Bretschneider, 1983
-          The Scythians of Herodotus and the archaeological evidence , Napoli: Istituto Universitario Orientale, 1994
-          (Con Peter Levi, Riccardo Giglielmino e Giovanni Giorgini), La Grecia e il mondo ellenistico. In: Massimo L. Salvadori (a cura di di), La Storia, Vol. III, Roma: La biblioteca di Repubblica, 2004


Di argomento romano

-          La Gallia al tempo della caduta dell'impero romano, Bene Vagienne: Vissio, 1923
-          La caduta della repubblica romana, Messina: Principato, 1924
-          Silla: saggio sulla storia politica di Roma dall'88 all'80 a.C., Milano: Imperia, 1924
-          La battaglia del Muthul, Firenze: Vallecchi, 1925
-          Sallustio e la vita pubblica romana del suo tempo, Torino: Tip. Sociale Torinese, 1926
-          La costituzione romana dai Gracchi a Giulio Cesare, Firenze: Vallecchi, 1928
-          Augusto , Roma: Formiggini, 1929
-          Chi ha vinta la guerra giugurtina, Roma: Edizioni Cremonese, 1931
-          Ottaviano capoparte: storia politica di Roma durante le ultime lotte di supremazia, Voll. 2, Firenze: La Nuova Italia, 1933
-          La Affectatio Regni di Cesare, Torino: L'Erma, 1934
-          La campagna di Costantino nell'Italia settentrionale (a. 312), Torino: Società industriale grafica Fedetto, 1934
-          Roma negli studi storici italiani, Torino: Edizioni de L'Erma, 1934
-          Cicerone, le tre orazioni de lege agraria: 63 a.C., Torino: Edizioni de L'Erma, 1935
-          La politica imperiale di Roma; prefazione di Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, Torino: Paravia & c., 1936
-          Dopo Azio, Dione Cassio: appunti sulle fonti augustee, Voghera: Boriotti e Zolla, 1937
-          La lotta per la successione di Giulio Cesare e l'avvento di Ottaviano Augusto, Milano: Vita e pensiero, 1939
-          S. Maurizio e la legione tebana: un precedente immediato della grande persecuzione di Diocleziano, Domodossola: Tip. Antonioli, 1940
-          La politica estera di Roma antica, Milano: Istituto per gli studi di politica internazionale, 1942
-          La composizione delle Res gestae divi Augusti, Torino: V. Bona, 1945
-          Nerone: Saggio storico, Milano-Messina: G. Principato, 1945
-          «Introduzione». In: Jerome Carcopino, Les secrets de la correspondance de Ciceron, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 1948
-          Roma dalle origini ad Augusto; dispense anno accademico 1948-49, Milano: La Goliardica, 1949
-          Storia della religione di Roma antica; dispense del corso di Antichità Romane: anno accademico 1948-49, Milano: la Goliardica, 1949
-          Tito Livio e gli ideali augustei, Napoli: Gaetano Macchiaroli editore, 1949
-          (in collaborazione con Alfredo Passerini) Lineamenti di storia romana, Milano; Varese: Istituto editoriale Cisalpino, 1951
-          Corso di archeologia: il problema spaziale in alcuni momenti dell'arte romana; dispense anno accademico 1950-51, Milano: C.E.U.M., 1951
-          Il tempo di Augusto, Firenze: La nuova Italia, 1951
-          Incivilis potestas, Milano: Giuffrè, 1954
-          La politica di Giulio Cesare: rassegna bibliografica, Messina; Firenze: D'Anna, 1957
-          Preistoria, storia romana, Torino: F. Casanova & C., 1960
-          Brescia nell'età imperiale, Milano: La Goliardica, 1962
-          Iscrizioni relative a Collegia dell'età imperiale, Pavia: Tip. del Libro, 1963
-          L'impero romano: (dalla battaglia di Azio alla morte di Teodosio I), Torino: SEI, 1963
-          Roma antica , Torino: UTET, 1963
-          L'Impero romano: dalla battaglia di Azio alla morte di Teodosio. In: Paolo E. Arias (a cura di), Storia e antichità, Volume II: Storia di Roma, Tomo II, 1, Torino: S.E.I., 1963
-          L'Italia dopo Annibale, Pavia: Amministrazione di Athenaeum, 1965
-          Storia romana dagli Etruschi a Teodosio, Milano; Varese: Istituto editoriale cisalpino, 1967
-          La fondazione del Principato, Milano: Marzorati, 1968
-          L'Italia antica, Milano: A. Mondadori, 1968
-          Nerone e i suoi tempi, Milano: Cisalpino-Goliardica, 1973
-          Il tribunato della plebe e altri scritti su istituzioni pubbliche romane , Milano: Cisalpino-La goliardica, 1978
-          Commodo ed Ercole , Padova: Antenore, 1980
-          Il regno delle api e la domus Augusta , Napoli: Macchiaroli, 1983
-          Nerone, Eracle, Ercole , Roma: L'Erma di Bretschneider, 1983
-          L'Italia antica: Dalla preistoria alla fine dell'età imperiale , Milano: Mondadori, 1984
-          Augusto e il suo tempo , Milano: Rusconi Editore, 1986
-          Il mondo dei greci e dei romani , Padova: Piccin, 1987
-          L'Italia nell'evo antico , Padova: Piccin, 1988
-           Ercole e Semo Sanco (Properzio, IV, 9,70 ss.) , Napoli: Macchiaroli, 1989
-          Plebei e patrizi nella Roma arcaica, Como: New Press, 1992
-          Storia romana dalle origini al 476 d.C., Bologna: Cisalpino, 1992
-          Adriano Augusto: studi e ricerche, Roma: L'Erma di Bretschneider, 1993
-          Adriano: un ventennio di cambiamento, Milano: Rusconi Libri, 1994
-          Ercole e Roma, Roma: L'Erma di Bretschneider, 1997
-          Di argomento vario[modifica | modifica wikitesto]
-          Tradizione e storia: prolusione, Torino: tip. sociale torinese, 1924
-          Contributi alla storia dei re d'Italia nel sec. X. Nota, Torino: Tip. V. Bona, 1928
-          La politica delle nascite, Torino: Druetto, 1930
-          Gli argenti di Marengo, Torino: s.n., 1936
-          Classe dominante e ceto di governo, Milano: Istituto editoriale italiano, 1948
-          Corso di storia antica: Per il Ginnasio superiore, Torino: G. B. Paravia e C., 1948
-          Storia classica e storia universale, Napoli: Associazione italiana di cultura classica, 1952
-          La storia antica negli studi sovietici, Milano: Cisalpino-goliardica, 1958
-          La televisione e i suoi riflessi sociali , Roma: Gismondi, 1958
-          Le Università in U.S.A, Firenze: Le Monnier, 1960
-          Sulla applicabilità della analisi sociologica agli studi di storia antica. Nota, Milano: Istituto lombardo di scienze e lettere, 1961
-          La lotta politica nel mondo antico, Milano: Mondadori, 1963 (anche in due ed. inglesi: Londra 1965 e New York 1968).
-          La società nel mondo classico , Torino: ERI classe unica, 1966
-          Protesta giovanile e riforma Universitaria, Roma: Istituto Grafico Tiberino, 1968
-          Neo positivismo e tecnologia moderna nell'indagine storica , Milano: s.n., 1969
-          Né liberi né schiavi: gruppi sociali e rapporti di lavoro nel mondo ellenistico-romano , Milano: Cisalpino-Goliardica, 1976
-          Il re pastore, Palermo: Thule, 1978
-          Tradizione e controcultura: l'ora dei tradizionalisti e dei monarchici , Palermo: Edizioni Thule, 1978
-          Strutture e residui politici nell'antichità , Napoli: Macchiaroli, 1983
-          Note di metodo , Milano: Cisalpino Goliardica, 1987
-          Il mondo dei greci e dei romani, Padova: Piccin, 1987
-          Asiatic and Western subordination in antiquity: laoi, dediticii and familia , Tokyo: the society for studies on resistance movements in antiquity, 1988
-          I nomadi alla frontiera: i popoli delle steppe e l'antico mondo greco-romano, Roma: L'Erma di Bretschneider, 1989
-          La città antica: morfologia e biografia della aggregazione urbana nell'antichità , Roma: L'Erma di Bretschneider, 1989
-          Il Gruppo di combattimento Friuli nella guerra di liberazione , Roma: Centro studi e ricerche storiche sulla guerra di liberazione, 1997